L’Aquila è una città fantasma, lo è da 11 mesi, dal terremoto degli affari, delle risate nella notte degli speculatori, delle case di sabbia, dell’ospedale di cartone, degli studenti uccisi dall’incuria. L’Aquila è un un vetro rotto in mille pezzi e mai ricomposto. La città è scomparsa, lontana dagli occhi indiscreti, al suo posto sono sorti condomini di periferia, tutti uguali.
Le case non sono solo "unità abitative", un posto per dormire, un tetto sopra la testa. Le case sono memoria, storia, affetti, comunità, tessuto civile. Gli aquilani sono dispersi da quasi un anno in tende, alberghi e in palazzine senz’anima. Solo 15.000 sono ospitati nelle nuove periferie celebrate da Bertolaso e da Berlusconi. Gli altri 45.000 sono in attesa di qualcosa, di un evento del destino, di un segno di esistenza dello Stato.
Nei giorni scorsi gli aquilani hanno messo l’elmetto per riprendersi ciò che gli appartiene. Una folla con elmetti gialli e bianchi e guantoni da lavoro è entrata nella sua città. Ha trovato ad accoglierla le Forze dell’ordine e la Celere, arrivata da Roma per l’occasione. I cancelli che impedivano l’accesso sono stati abbattuti dalla gente. Le truppe antisommossa, per una volta, non sono intervenute. Non hanno avuto il cuore di picchiare dei terremotati in visita alla loro città ridotta a un cimitero. Gli aquilani sono entrati con le carriole e hanno sgombrato in parte le macerie dalle strade, nessuno lo aveva fatto prima di loro.
I testimoni intervistati dal blog denunciano decine e decine di subappalti non autorizzati, una volontà chiara sin dall’inizio di costruire nuove abitazioni e di tralasciare la ricostruzione della città vecchia, una politica dell’emergenza che sottrae qualunque scelta alle comunità abruzzesi. C’è stato un prima terremoto con edifici pubblici di sabbia, strutture senza alcuna protezione antisismica. C’è stato un durante terremoto in cui le scosse, sempre più forti, si sono avvertite per mesi senza nessun piano di evacuazione e con la denuncia di Giuliani, che lo aveva preannunciato, da parte della Protezione Civile. C’è stato un dopo terremoto con le sfilate di Berlusconi e dei vertici della Protezione Civile in gran parata. Un dopo con personaggi che farebbero impallidire i grandi condor delle Ande, e i loro sghignazzi di gioia per gli appalti in arrivo.
L’Aquila è il ritratto dell’Italia. I telegiornali di regime la descrivono come esempio di efficienza, quando invece, dietro la maschera, è solo abuso e cialtronaggine.
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