Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce.
Alla vigilia di Natale 2005, Roberto Raffaelli (amministratore di Rcs-Research control system, società che faceva intercettazioni per conto dei pm) e l'intermediario Fabrizio Favata suonano alla porta della villa di Arcore. Secondo la Procura di Milano, portano con sé un regalo di Natale per Silvio Berlusconi: le intercettazioni allora segrete Bnl-Unipol tra il presidente Unipol Giovanni Consortee il segretario dei Ds Piero Fassino. Le conversazioni non erano ancora depositate agli atti e addirittura non erano neppure state sbobinate dalla Guardia di Finanza. Eppure, una settimana dopo finiscono su Il Giornale del fratello di Berlusconi, Paolo.
Quanto meno singolare che oggi Berlusconi sbraiti contro le fughe di notizie, quando la struttura delta alle sue dipendenze gli procura tutti gli atti, secretati o meno, che possono giovare alla sua causa - ricordate il caso Marrazzo, con il video hard del governatore del Lazio finito direttamente nelle mani del Presidente del Consiglio per mano della figlia Marina, presidente della Mondadori? Neppure mi risulta che dopo quel 24 dicembre ad Arcore fossero stati scomodati gli ispettori del Ministero della Giustizia, quelli che oggi si precipitano a Trani, sguinzagliati dal cane mastino Alfano, per intimidire un pool di magistrati che, come al solito, non fa altro che portare avanti l’obbligatorietà dell’azione penale.
Altrettanto curioso che la stessa famiglia Berlusconi, acerrima nemica dell’industria delle intercettazioni, sia coinvolta nella spartizione della torta delle intercettazionistessa. Sarebbe l’editore stesso de Il Giornale – quello che oggi titola “E SE INTERCETTASSIMO I MAGISTRATI?” –, nonché il fratello del Presidente del Consiglio, ad avere intascato oltre mezzo milione di euro da Roberto Raffaelli, consegnati tra il 2005 e il 2006 in comode buste da 40-50mila euro in contanti, una volta al mese, alla redazione dell’House Organ del PdL.
Cosa avrebbe dovuto fare, Paolo Berlusconi, in cambio di queste mazzette? Secondo la Procura di Milano avrebbe promesso a Raffaelli di aiutarlo ad espandersi nel mercato delle intercettazioni.
Pensate a cosa succederebbe se gli intercettati avessero il controllo sugli intercettatori, cioè quelli che i giudici assumono per sapere cosa si dicono gli indagati. Facciamo due o tre esempi.
CASO A
Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Silvio Berlusconi. La Rcs-Research intercetta Berlusconi che fa pressione su Innocenzi per chiudere Annozero. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. A stretto giro di posta, le intercettazioni di Berlusconi si trasformano in innocue conversazioni sul tempo, tutt’al più condite da qualche barzelletta sconcia, prima di giungere sulla scrivania del magistrato.
CASO B
Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Di Pietro. La Rcs-Research intercetta Di Pietro che discute con Bersani sulle strategie per far fuori politicamente Berlusconi alle prossime elezioni. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. Dopo un’ora Berlusconi ha tutte le informazioni che gli servono sulle mosse degli avversari.
CASO C
Il magistrato Pinco Pallo assume la Rcs-Research control system per indagare su Di Pietro. La Rcs-Research intercetta Di Pietro che, alla moglie, dice che si è dovuto fermare a urinare sulla corsia di emergenza dell’autostrada, perché la vescica scoppiava. Raffaelli telefona a Paolo Berlusconi. Il giorno dopo, Il Giornale titola: “Il Ministro dei Trasporti piscia sul Guard Rail”.
Non c’è che dire, un bel vantaggio. Forse per questo Paolo Berlusconi avrebbe promesso a Roberto Raffaelli di far intercedere l’onorevole Valentino Valentini, assistente personale di Berlusconi e capo dell’Ufficio del Presidente del Consiglio.
Parrebbe insomma un’abile operazione di infiltrazione nei sistemi di intercettazione dei magistrati, per la serie: se non posso evitare di farmi intercettare, almeno mi intercetto da solo.
Per adesso, Paolo Berlusconi è indagato per millantato credito.
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